sabato 8 dicembre 2012

Il Natale





Qual masso che dal verticedi lunga erta montana,abbandonato all'impetodi rumorosa frana,per lo scheggiato calleprecipitando a valle,barre sul fondo e sta;
là dove cadde, immobilegiace in sua lenta mole;né, per mutar di secoli,fia che riveda il soledella sua cima antica,se una virtude amicain alto nol trarrà:
tal si giaceva il miserofigliol del fallo primo,dal dì che un'ineffabileira promessa all'imod'ogni malor gravollo,donde il superbo collopiù non potea levar.
Qual mai tra i nati all'odio,quale era mai personache al Santo inaccessibilepotesse dir: perdona?far novo patto eterno?al vincitore infernola preda sua strappar?
Ecco ci è nato un Pargolo,ci fu largito un Figlio:le avverse forze tremanoal mover del suo ciglio:all' uom la mano Ei porge,che sì ravviva, e sorgeoltre l'antico onor.
Dalle magioni etereesgorga una fonte, e scende,e nel borron de' tribolivivida si distende:stillano mele i tronchidove copriano i bronchi,ivi germoglia il fior.
O Figlio, o Tu cui general'Eterno, eterno seco;qual ti può dir de' secoli:Tu cominciasti meco?Tu sei: del vasto empironon ti comprende il giro:la tua parola il fe'.
E Tu degnasti assumerequesta creata argilla?qual merto suo, qual graziaa tanto onor sortillase in suo consiglio ascosovince il perdon, pietosoimmensamente Egli è.
Oggi Egli è nato: ad Efrata,vaticinato ostello,ascese un'alma Vergine,la gloria d'lsraello,grave di tal portatoda cui promise è nato,donde era atteso usci.
La mira Madre in poveripanni il Figliol compose,e nell'umil presepiosoavemente il pose;e l'adorò: beata!innazi al Dio prostrata,che il puro sen le aprì.
L’Angel del cielo, agli uomininunzio di tanta sorte,non de' potenti volgesialle vegliate porte;ma tra i pastor devoti,al duro mondo ignoti,subito in luce appar.
E intorno a lui per l'ampianotte calati a stuolo,mille celesti strinseroil fiammeggiante volo;e accesi in dolce zelo,come si canta in cieloA Dio gloria cantar.
L’allegro inno seguirono,tornando al firmamento:tra le varcare nuvoleallontanossi, e lentoil suon sacrato ascese,fin che più nulla intesela compagnia fedel.
Senza indugiar, cercaronol'albergo poverettoque' fortunati, e videro,siccome a lor fu dettovidero in panni avvolto,in un presepe accolto,vagire il Re del Ciel.
Dormi, o Fanciul; non piangere;dormi, o Fanciul celeste:sovra il tuo capo striderenon osin le tempeste,use sull'empia terra,come cavalli in guerra,correr davanti a Te.
Dormi, o Celeste: i popolichi nato sia non sanno;ma il dì verrà che nobileretaggio tuo saranno;che in quell'umil riposo,che nella polve ascoso,conosceranno il Re.

Alessandro Manzoni

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