sabato 27 aprile 2013

Ulisse


Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più a largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

Umberto Saba

Ritratto della mia bambina


La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell’estiva vesticciola: "Babbo
-mi disse – voglio uscire oggi con te"
Ed io pensavo : Di tante parvenze 
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.


Umberto Saba

venerdì 26 aprile 2013

Autobiografia


Mio padre è stato per me "l'assassino"; 
fino ai vent'anni che l'ho conosciuto.
Allora ho visto ch'egli era un bambino, 
e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto.

Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
Andò sempre pel mondo pellegrino;
più d'una donna che l'ha amato e pasciuto.

Egli era gaio e leggero; mia madre
tutti sentiva della vita i pesi.
Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

"Non somigliare - ammoniva - a tuo padre":
ed io più tardi in me stesso lo intesi:
Eran due razze in antica tenzone.

Umberto Saba

Figlia



 Mio tenero germoglio,
che non amo perché sulla mia pianta
sei rifiorita, ma perché sei tanto
debole e amore ti ha concesso a me;
o mia figliola, tu non sei dei sogni
miei la speranza; e non più che per ogni
altro germoglio è il mio amore per te.

La mia vita mia cara
bambina,
è l’erta solitaria, l’erta chiusa
dal muricciolo,
dove al tramonto solo
siedo, a celati miei pensieri in vista.
Se tu non vivi a quei pensieri in cima,
pur nel tuo mondo li fai divagare;
e mi piace da presso riguardare
la tua conquista.

Ti conquisti la casa a poco a poco,
e il cuore della tua selvaggia mamma.
Come la vedi, di gioia s’infiamma
la tua guancia, ed a lei corri dal gioco.
Ti accoglie in grembo una sì bella e pia
Mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.

Umberto Saba

mercoledì 24 aprile 2013

Goal


Il portiere caduto alla difesa
Ultima vana, contro terra cela
La faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

La folla – unita ebbrezza – par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore
è dato, sotto il cielo, di vedere. 

Presso la rete inviolata il portiere
- l’altro – è rimasto. Ma non la su anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda da lontano.
Della festa – egli dice – anch’io son parte.

Umberto Saba,Il Canzoniere


C'Era..


C’era, un po’ in ombra, il focolaio; aveva
arnesi, intorno, di rame. Su quello
si chinava la madre col soffietto,
e uscivano faville.

C’era nel mezzo una tavola dove
versava antica donna le provviste.
Il mattarello vi allungava a tondo
la pasta molle.

C’era, dipinta in verde, una stia, 
e la gallina in libertà raspava.
Due mastelli, là sopra, riflettevano,
colmi, gli oggetti.

C’era, mal visto nel luogo, un fanciullo.
Le sue speranze assieme alle faville
del focolaio si alzavano. Alcuna
guarda! è rimasta.

Umberto Saba

lunedì 22 aprile 2013

Un Ricordo



Non dormo. Vedo una strada, un boschetto,
che sul mio cuore come un’ansia preme;
dove si andava, per star soli e insieme,
io e un altro ragazzetto.

Era la Pasqua; i riti lunghi e strani
dei vecchi. E se non mi volesse bene
pensavo e non venisse più domani?
E domani non venne. Fu un dolore,
uno spasimo verso la sera;
che un’amicizia (seppi poi) non era,
era quello un amore;

il primo; e quale e che felicità
n’ebbi, tra i colli e il mare di Trieste.
Ma perché non dormire, oggi, con queste
storie di, credo, quindici anni fa?


Umberto Saba

La Foglia


Io sono come quella foglia - guarda -
sul nudo ramo, che un prodigio ancora
tiene attaccata.

Negami dunque. Non ne sia rattristata
la bella età che a un'ansia ti colora,
e per me a slanci infantili s'attarda.

Dimmi tu addio, se a me dirlo non riesce.
Morire è nulla; perderti è difficile.

Umberto Saba

domenica 21 aprile 2013

Felicità


La giovanezza cupida di pesi 
porge spontanea al carico le spalle. 
Non regge. Piange di malinconia. 
Vagabondaggio, evasione, poesia, 
cari prodigi sul tardi! 
Sul tardi l'aria si affina 
ed i passi si fanno leggeri. 
Oggi è il meglio di ieri, 
se non è ancora la felicità. 
Assumeremo un giorno la bontà 
del suo volto, vedremo alcuno sciogliere 
come un fumo il suo inutile dolore.


Umberto Saba

Prospettiva


La gente in fretta dirada.
Filari
d'alberi nudi ai lati del viale,
in fondo là dove campagne sfumano,
si avvicinano - pare - in una stretta.
E v'entra un poco di quel cielo lilla
che turba e non consola.
Breve sera,
troppo, in vista, tranquilla.

Umberto Saba

sabato 20 aprile 2013

Felicità



La giovanezza cupida di pesi 
porge spontanea al carico le spalle. 
Non regge. Piange di malinconia. 
Vagabondaggio, evasione, poesia, 
cari prodigi sul tardi! 
Sul tardi l'aria si affina 
ed i passi si fanno leggeri. 
Oggi è il meglio di ieri, 
se non è ancora la felicità. 
Assumeremo un giorno la bontà 
del suo volto, vedremo alcuno sciogliere 
come un fumo il suo inutile dolore.

Umberto Saba

Inverno


È notte, inverno rovinoso. 
Un poco sollevi le tendine, e guardi. 
Vibrano i tuoi capelli, selvaggi, 
la gioia ti dilata improvvisa l'occhio nero; 
che quello che hai veduto 
- era un'immagine della fine del mondo - 
ti conforta l'intimo cuore, lo fa caldo e pago. 
Un uomo si avventura per un lago 
di ghiaccio, sotto una lampada storta.

Umberto Saba

mercoledì 17 aprile 2013

Tre Momenti


Di corsa usciti a mezzo il campo, date 
prima il saluto alle tribune. Poi, 
quello che nasce poi, 
che all'altra parte rivolgete, a quella 
che più nera si accalca, non è cosa 
da dirsi, non è cosa ch'abbia un nome. 
Il portiere su e giù cammina come 
sentinella. Il pericolo 
lontano è ancora. 
Ma se in un nembo s'avvicina, oh allora 
una giovane fiera si accovaccia 
e all'erta spia. 
Festa è nell'aria, festa in ogni via. 
Se per poco, che importa? 
Nessun'offesa varcava la porta, 
s'incrociavano grida ch'eran razzi. 
La vostra gloria, undici ragazzi, 
come un fiume d'amore orna Trieste. 

Umberto Saba

Passioni


Sono fatte di lacrime e di sangue
e d'altro ancora. Il cuore
batte a sinistra.


Umberto Saba

martedì 16 aprile 2013

La Capra


Ho parlato a una capra. 
Era sola sul prato, era legata. 
Sazia d'erba, bagnata 
dalla pioggia, belava. 
Quell'uguale belato era fraterno 
al mio dolore. Ed io risposi, prima 
per celia, poi perché il dolore è eterno, 
ha una voce e non varia. 
Questa voce sentiva 
gemere in una capra solitaria. 
In una capra dal viso semita 
sentiva querelarsi ogni altro male, 
ogni altra vita.

Umberto Saba

Ora che sale il giorno


Finita è la notte e la luna
si scioglie lenta nel sereno,
tramonta nei canali.

È così vivo settembre in questa terra
di pianura, i prati sono verdi
come nelle valli del sud a primavera.
Ho lasciato i compagni,
ho nascosto il cuore dentro le vecchie mura, 
per restare solo a ricordarti.

Come sei più lontana della luna, 
ora che sale il giorno
e sulle pietre batte il piede dei cavalli!

Salvatore Quasimodo

lunedì 15 aprile 2013

Anno Domini MCMXLVII


Avete finito di battere i tamburi 
a cadenza di morte su tutti gli orizzonti 
dietro le bare strette alle bandiere, 
di rendere piaghe e lacrime a pietà 
nelle città distrutte, rovina su rovina.
E più nessuno grida: «Mio Dio, 
perché m'hai lasciato?» E non scorre più latte 
né sangue dal petto forato. E ora 
che avete nascosto i cannoni fra le magnolie, 
lasciateci un giorno senz'armi sopra l'erba 
al rumore dell'acqua in movimento, 
delle foglie di canna fresche tra i capelli, 
mentre abbracciamo la donna che ci ama. 
Che non suoni di colpo avanti notte 
l'ora del coprifuoco. Un giorno, un solo
giorno per noi, o padroni della terra, 
prima che rulli ancora l'aria e il ferro 
e una scheggia ci bruci in piena fronte.


Salvatore Quasimodo 

Epitaffio per Bice Donetti


Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte, 
è là, nel campo quindici a Musocco, 
la donna emiliana da me amata 
nel tempo triste della giovinezza.
Da poco fu giocata dalla morte 
mentre guardava quieta il vento dell'autunno 
scrollare i rami dei platani e le foglie 
dalla grigia casa di periferia. 
Il suo volto è ancora vivo di sorpresa, 
come fu certo nell'infanzia, fulminato 
per il mangiatore di fuoco alto sul carro. 
O tu che passi, spinto da altri morti, 
davanti alla fossa undici sessanta, 
fermati un minuto a salutare 
quella che non si dolse mai dell'uomo 
che qui rimane, odiato, coi suoi versi, 
uno come tanti, operaio di sogni.

Salvatore Quasimodo

sabato 13 aprile 2013

Lamento per il sud


La luna rossa, il vento, il tuo colore 
di donna del Nord, la distesa di neve... 
Il mio cuore è ormai su queste praterie, 
in queste acque annuvolate dalle nebbie. 
Ho dimenticato il mare, la grave 
conchiglia soffiata dai pastori siciliani, 
le cantilene dei carri lungo le strade 
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie, 
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru 
nell'aria dei verdi altipiani 
per le terre e i fiumi della Lombardia. 
Ma l'uomo grida dovunque la sorte d'una patria. 
Più nessuno mi porterà nel Sud. 
Oh, il Sud è stanco di trascinare morti 
in riva alle paludi di malaria, 
è stanco di solitudine, stanco di catene, 
è stanco nella sua bocca 
delle bestemmie di tutte le razze 
che hanno urlato morte con l'eco dei suoi pozzi, 
che hanno bevuto il sangue del suo cuore. 
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle, 
mangiano fiori d'acacia lungo le piste 
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse. 
Più nessuno mi porterà nel Sud. 
E questa sera carica d'inverno 
è ancora nostra, e qui ripeto a te 
il mio assurdo contrappunto 
di dolcezze e di furori, 
un lamento d'amore senza amore. 

Salvatore Quasimodo

Fatta buio ed altezza


Tu vieni nella mia voce: 
e vedo il lume quieto 
scendere in ombra a raggi 
e farti nuvola d'astri intorno al capo. 
E me sospeso, a stupirmi degli angeli, 
dei morti, dell'aria accesa in arco. 

Non mia; ma entro lo spazio 
riemersa, in me tremi, 
fatta buio ed altezza.

Salvatore Quasimodo

mercoledì 10 aprile 2013

Dammi il mio giorno


Dammi il mio giorno; 
ch'io mi cerchi ancora 
un volto d'anni sopito 
che un cavo d'acque 
riporti in trasparenza, 
e ch'io pianga amore di me stesso. 
Ti cammino sul cuore, 
ed è un trovarsi d'astri 
in arcipelaghi insonni, 
notte, fraterni a me 
fossile emerso da uno stanco flutto; 
un incurvarsi d'orbite segrete 
dove siamo fitti 
coi macigni e l'erbe.

Salvatore Quasimodo

Fresche di fiumi in sonno


Ti trovo nei felici approdi, 
della notte consorte, 
ora dissepolta 
quasi tepore d'una nuova gioia, 
grazia amara del viver senza foce. 
Vergini strade oscillano 
fresche di fiumi in sonno: 
E ancora sono il prodigo che ascolta 
dal silenzio il suo nome 
quando chiamano i morti. 
Ed è morte 
uno spazio nel cuore.

Salvatore Quasimodo

martedì 9 aprile 2013

Ben Arrivato!


Pochi minuti fa' ho ricevuto un messaggio di una nostra cara lettrice che mi ha comunicato che oggi Martedì 9 Aprile 2013 ha messo al mondo la sua gioia più bella,è nato il piccolo Francesco!
Ha voluto condividere la sua gioia insieme al nostro Blog e noi facciamo i nostri più cari auguri sia a mamma Antonella che a papà Filippo!
Che il nostro Signore benedica sempre la vostra piccola creatura e la vostra famiglia.
Poesiandu,vuole  dedicare a voi una poesia meravigliosa di Madre Teresa di Calcutta,perchè la nascita di un figlio è sempre qualcosa di meraviglioso e di stupendo.


Poesiandu è anche questo,condividere i piacere della vita!

Benvenuto Francesco!

La vita è un'opportunità, coglila.

La vita è bellezza, ammirala.

La vita è beatitudine, assaporala.La vita è un sogno, fanne una realtà.

La vita è una sfida, affrontala.

La vita è un dovere, compilo.

La vita è un gioco, giocalo.

La vita è preziosa, abbine cura.

La vita è una ricchezza, conservala.

La vita è amore, godine.

La vita è un mistero, scoprilo.

La vita è  promessa, adempila.

La vita è tristezza, superala.

La vita è un inno, cantalo.

La vita è una lotta, accettala.

La vita è un'avventura, rischiala.

La vita è felicità, meritala.La vita è la vita, difendila.


Madre Teresa di Calcutta

Autunno


Autunno mansueto, io mi posseggo 
e piego alle tue acque a bermi il cielo, 
fuga soave d'alberi e d'abissi. 
Aspra pena del nascere 
mi trova a te congiunto; 
e in te mi schianto e risano: 
povera cosa caduta 
che la terra raccoglie.


Salvatore Quasimodo

Nascita Del Canto


Sorgiva: luce riemersa: 
foglie bruciano rosee. 
Giaccio su fiumi colmi 
dove son isole 
specchi d'ombre e d'astri. 
E mi travolge il tuo grembo celeste 
che mai di gioia nutre 
la mia vita diversa. 
Io muoio per riaverti, 
anche delusa, 
adolescenza delle membra 
inferme.


Salvatore Quasimodo 

lunedì 8 aprile 2013

Alle fronde dei Salici


E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

Salvatore Quasimodo

Il mio paese è l'Italia


Più i giorni s'allontanano dispersi 
e più ritornano nel cuore dei poeti. 
Là i campi di Polonia, la piana dì Kutno 
con le colline di cadaveri che bruciano 
in nuvole di nafta, là i reticolati 
per la quarantena d'Israele, 
il sangue tra i rifiuti, l'esantema torrido, 
le catene di poveri già morti da gran tempo 
e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani, 
là Buchenwald, la mite selva di faggi, 
i suoi forni maledetti; là Stalingrado, 
e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta. 
I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili, 
dei vinti, dei perdonati dalla misericordia! 
Tutto si travolge, ma i morti non si vendono. 
Il mio paese è l'Italia, o nemico più straniero, 
e io canto il suo popolo, e anche il pianto 
coperto dal rumore del suo mare, 
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita. 


Salvatore Quasimodo