Alda Merini
Abbi pietà di me che che sto lontana
che tremo del tuo futile abbandono,
tienimi come terra che pur piana
dia nella pace il suo perdono
od anche come aperta meridiana
che dia suono dell'ora e dia frastuono,
abbi pietà di me miseramente
poichè ti amo tanto dolcemente.
che tremo del tuo futile abbandono,
tienimi come terra che pur piana
dia nella pace il suo perdono
od anche come aperta meridiana
che dia suono dell'ora e dia frastuono,
abbi pietà di me miseramente
poichè ti amo tanto dolcemente.
Alessandro Manzoni
Occupati dei guai, dei problemi
del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
le esigenze di chi ti sta vicino.
Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.
Regala un sorriso
quando tu hai voglia di piangere.
Produci serenità
dalla tempesta che hai dentro.
"Ecco, quello che non ho te lo dono".
Questo è il tuo paradosso.
Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua nella misura
in cui l'avrai regalata agli altri.
del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
le esigenze di chi ti sta vicino.
Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.
Regala un sorriso
quando tu hai voglia di piangere.
Produci serenità
dalla tempesta che hai dentro.
"Ecco, quello che non ho te lo dono".
Questo è il tuo paradosso.
Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua nella misura
in cui l'avrai regalata agli altri.
Dante Alighieri
Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
Ugo Foscolo
L'ULTIMO ADDIO
T'amai, dunque, t'amai, e t'amo ancor
di un amore che non si può concepire
che da me solo. E' poco prezzo,
o mio angelo, la morte per chi
ha potuto udir che tu l'ami,
e sentirsi scorrere in tutta
l'anima la voluttà del tuo bacio,
e pianger teco - io sto col piè
nella fossa; eppure tu anche
in questo frangente ritorni,
come solevi, davanti a questi occhi
che morendo si fissano in te,
in te che sacra risplendi
di tutta la tua bellezza...
Io muoio... pieno di te,
e certo del tuo pianto...
ALLA SERA
Forse perché della fatal quiete
Tu sei l'immago a me sì cara vieni
0 sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre e lunghe all'universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure onde meco egli si strugge;
E mentre lo guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
A FIRENZE
E tu ne' carmi avrai perenne vita
Sponda che Arno saluta in suo cammino
Partendo la città che del latino
Nome accogliea finor l'ombra fuggita.
Già dal tuo ponte all'onda impaurita
Il papale furore e il ghibellino
Mescean gran sangue, ove oggi al pellegrino
Del fero vate la magion s'addita.
Per me cara, felice, inclita riva
Ove sovente i piè leggiadri mosse
Colei che vera al portarnento Diva
In me volgeva sue luci beate,
Mentr'io sentia dai crini d'oro commosse
Spirar ambrosia l'aure innamorate.
Gabriele D'Annunzio
O GIOVINEZZA
O Giovinezza, ahi me, la tua corona
su la mia fronte già quasi è sfiorita.
Premere sento il peso della vita,
che fu si lieve, su la fronte prona.
Ma l'anima nel cor si fa più buona,
come il frutto maturo. Umile e ardita,
sa piegarsi e resistere; ferita,
non geme; assai comprende, assai perdona.
Dileguan le tue ultime aurore,
O Giovinezza; tacciono le rive
poi che il torrente vortice dispare.
Odo altro suono, vedo altro bagliore.
Vedo in occhi fraterni ardere vive
lacrime, odo fraterni petti ansare.
O Giovinezza, ahi me, la tua corona
su la mia fronte già quasi è sfiorita.
Premere sento il peso della vita,
che fu si lieve, su la fronte prona.
Ma l'anima nel cor si fa più buona,
come il frutto maturo. Umile e ardita,
sa piegarsi e resistere; ferita,
non geme; assai comprende, assai perdona.
Dileguan le tue ultime aurore,
O Giovinezza; tacciono le rive
poi che il torrente vortice dispare.
Odo altro suono, vedo altro bagliore.
Vedo in occhi fraterni ardere vive
lacrime, odo fraterni petti ansare.
LA SABBIA DEL TEMPO
Come scorrea la calda sabbia lieve
per entro il cavo della mano in ozio
in cor sentì che il giorno era più breve.
E un’ansia repentina il cor m’assale
per l’appressar dell’umido equinozio
che offusca l’oro delle piagge salse.
Alla sabbia del Tempo urna la mano
era, clessidra il cor mio palpitante,
l’ombra crescente di ogni stelo vano
quasi ombra d’ago in tacito quadrante
Come scorrea la calda sabbia lieve
per entro il cavo della mano in ozio
in cor sentì che il giorno era più breve.
E un’ansia repentina il cor m’assale
per l’appressar dell’umido equinozio
che offusca l’oro delle piagge salse.
Alla sabbia del Tempo urna la mano
era, clessidra il cor mio palpitante,
l’ombra crescente di ogni stelo vano
quasi ombra d’ago in tacito quadrante
NELLA BELLETTA
Nella belletta i giunchi hanno l'odore
delle persiche mézze e delle rose
passe, del miele guasto e della morte.
Or tutta la palude è come un fiore
lutulento che il sol d'agosto cuoce,
con non so che dolcigna afa di morte.
Ammutisce la rana, se m'appresso.
Le bolle d'aria salgono in silenzio.
Nella belletta i giunchi hanno l'odore
delle persiche mézze e delle rose
passe, del miele guasto e della morte.
Or tutta la palude è come un fiore
lutulento che il sol d'agosto cuoce,
con non so che dolcigna afa di morte.
Ammutisce la rana, se m'appresso.
Le bolle d'aria salgono in silenzio.
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