Quando sarà, per l’ultimo viaggio,
mettetemi in valigia i miei versi,
più rari dell’uva dopo la vendemmia.
Voglio portarli a mia madre, che per anni
ed anni ha atteso il figlio giorno e notte:
il giorno al suo ritorno dai campi, la notte
da una pazzia d’amore con una forestiera
venuta con i saltimbanchi per la festa.
E più tardi, e più a lungo,dalla guerra,
come dire da una sfida con la Morte.
Per questo ne parlava senza tregua
con i vicini, con Dio e con se stessa,
per sentirmisi accanto e non più sola.
E la sera, nell’andare a letto,
dopo un ultimo”respensorio” e una preghiera
più ansiosa ai santi del “pettìno”
metteva una lanterna accesa alla finestra,
perché semmai fossi tornato nella notte
trovassi la strada e la casa nel buio,
anche nella notte più nera dell’inverno.
Si, devo portare i miei versi a mia madre…
Antonio Seccareccia