giovedì 11 luglio 2013

Solo l'amare,solo il conoscere



Solo l'amare, solo il conoscere
conta, non l'aver amato,
non l'aver conosciuto. Dà angoscia
    
il vivere di un consumato
amore. L'anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato
    
della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,
    
scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d'esistere.
Annoiato, stanco, rincaso, per neri
    
piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti
    
agli ultimi prati. Lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare
    
ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
alle loro borgate, tornano su motori
leggeri - in tuta o coi calzoni
    
di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
i giovani, coi compagni sui sellini,
ridenti, sporchi. Gli ultimi avventori
    
chiacchierano in piedi con voci
alte nella notte, qua e là, ai tavolini
dei locali ancora lucenti e semivuoti.
    
Stupenda e misera città,
che m'hai insegnato ciò che allegri e
feroci
gli uomini imparano bambini,
    
le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa
    
delle strade, rivolgersi a un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato
    
con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d'estate;
    
a difendermi, a offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire
    
che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono
    
fratelli proprio nell'avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi
    
vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare
    
esperienza di quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognun, era il mondo.
    
Una luna morente nel silenzio,
che di lei vive, sbianca tra violenti
ardori, che miseramente sulla terra
    
muta di vita, coi bei viali, le vecchie
viuzze, senza dar luce abbagliano
e, in tutto il mondo, le riflette
    
lassù, un po' di calda nuvolaglia.
È la notte più bella dell'estate.
Trastevere, in un odore di paglia
    
di vecchie stalle, di svuotate
osterie, non dorme ancora.
Gli angoli bui, le pareti placide
    
risuonano d'incantati rumori.
Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
- sotto festoni di luci ormai sole -
    
verso i loro vicoli, che intasano
buio e immondizia, con quel passo blando
da cui più l'anima era invasa
    
quando veramente amavo, quando
veramente volevo capire.
E, come allora, scompaiono cantando.

Pier Paolo Pasolini