venerdì 13 marzo 2015
La chioma di Berenice
Buonasera e bentrovati miei cari lettori di Poesiandu.
Dopo una lunga giornata, immagino sia per me che per tutti voi, è dunque arrivato il momento di andare sotto le coperte! ma prima, volevo condividere con voi una bellissima poesia del maestro Catullo, buona lettura!
Chi dell'universo distinse tutte le luci
e scoprí il sorgere e il tramontare delle stelle,
come si oscura in un lampo la fiamma del sole
e in che giorni dell'anno si nascondono gli astri,
come per tenero amore la luna dall'orbita
tra le rupi di Latmo furtiva s'allontana;
proprio quello, grazie agli dei, Conone mi vide,
staccata dal capo di Berenice, brillare
di luce, la chioma che lei, tendendo le braccia
morbide, promise in voto ad ogni dea del cielo,
quando il suo re, reso piú grande da queste nozze,
partí per devastare le terre degli Assiri,
col ricordo in cuore della lotta sostenuta
per vincere la sua verginità quella notte.
Ma detestano l'amore queste spose o frustrano
la gioia dei genitori con tutte le lacrime
false che spargono davanti al letto nuziale?
Testimonino gli dei, se quel pianto è vero.
Me lo rivelò coi suoi lamenti la regina,
quando il marito si accinse ad una guerra atroce.
Certo non piangevi solo per un letto vuoto,
ma per l'angoscia che ti lasciasse il tuo amore.
Un'ansia senza fine ti divorava dentro
e ti tremava il cuore, ti sentivi svenire,
impazzivi. Ma fin da quando eri bambina
io ti ritenevo coraggiosa: non ricordi
dunque l'impresa che nessun uomo avrebbe osato,
quella che ti permise di essere regina?
Come ti lamentavi salutando il marito
mio dio, quante lacrime asciugò la tua mano.
Ma chi degli dei ti ha cosí mutata? O forse
gli amanti non sanno proprio vivere lontani?
Sacrificando un toro mi promettesti allora
a tutti quanti gli dei, se fosse ritornato
il tuo amato sposo. E lui poco tempo dopo,
conquistata l'Asia, l'uní al regno egiziano.
Ora per questa impresa accolta in mezzo ai celesti,
sciolgo con un dono insolito il voto promesso.
Non volevo, regina, lasciare la tua fronte,
non volevo: lo giuro su di te, sul tuo capo
e chi giura il falso abbia la pena che si merita:
ma chi può pretendere d'essere uguale al ferro?
Anche quel monte, il piú alto su cui batte il figlio
luminoso di Thia, fu spezzato dal ferro,
quando i Medi crearono un nuovo mare e i barbari
passarono con le loro navi in mezzo all'Athos.
Come resistere, se anche i monti si arrendono
al ferro? Stermina, Giove, il popolo dei Càlibi,
che per primi cercarono il ferro sottoterra
tentando ostinati di piegarne la durezza.
capelli da cui ero recisa piangevano
la mia sorte, quando il cavallo alato di Arsínoe,
nato con l'etiope Mèmnone da stessa madre,
battendo le ali a fendere l'aria, mi prese
e sollevandomi in volo attraverso le tenebre
celesti, mi pose nel grembo casto di Venere.
La greca abitatrice dei lidi di Canòpo,
Venere Zefirítide stessa l'ha mandato,
perché fra tutte le stelle del cielo divino
non fosse posta soltanto la corona d'oro
tolta alle tempie di Arianna, ma anch'io risplendessi,
chioma recisa per voto da una testa bionda.
ancora umida di pianto la dea mi pose
nel firmamento, nuova stella fra quelle antiche.
Io, sfiorando le costellazioni della Vergine
e dell'ardente Leone, insieme con Callisto
volgo ad occidente guidando il lento Boòte,
che solo all'alba s'immerge nel profondo Oceano.
Ma benché di notte senta il passo degli dei
e l'alba mi restituisca alla bianca Teti,
questo non mi rallegra: sapermi ormai lontana
(lasciami parlare, ti prego, vergine Nemesi:
non so tacere la mia verità per paura,
gli astri possono coprirmi di maledizioni,
ripeterò la verità che nascondo in cuore),
sapermi lontana dal capo di Berenice,
questo mi angoscia: quand'era fanciulla i profumi
non servivano, anche se poi ne provai migliaia.
voi, giunte alle nozze com'era il desiderio,
non offrite allo sposo adorato il vostro corpo
lasciando cadere la veste a scoprire il seno,
prima di donare a me la gioia di un profumo,
il vostro profumo, voi che onorate l'amore.
Ma i doni nefasti di chi commette adulterio
li beva senza frutto la polvere leggera:
io certo non chiedo nulla a chi non ne sia degno.
Voglio piuttosto che la concordia dell'amore
in eterno sempre, sempre abiti con voi.
se guardando le stelle placherai, regina,
nelle notti di festa la tua divina Venere,
non lasciarla senza sacrifici, perché tua
per le tue offerte io possa essere ancora.
Tornino com'erano le stelle ed io regina
con Berenice, o splenda Orione dentro l'Aquario.
di Catullo
Lo staff di Poesiandu vi augura un buon proseguimento di serata all'interno del nostro e vostro blog!