martedì 28 luglio 2015

Alla stazione in una mattina d'autunno


Buongiorno, benvenuti e bentrovati carissimi lettori di Poesiandu.
Siamo veramente arrivati agli ultimi giorni di Luglio, siete andati già in vacanza, ci andrete ad Agosto, o purtroppo per quest'anno per via del lavoro non potrete andare fuori porta?
Io mi auguro vivamente, abbiate trascorso un ottimo mese di Luglio e continuerete a farlo anche ad Agosto, magari tra qualche pausa lavoro, una piccola vacanza, che serve serve per staccare la spina dagli impegni di ogni giorno e dallo stress soprattutto!

Questa è tutta per voi miei cari lettori, intanto, iniziamo a viaggiare mentalmente!

Buona lettura.

Oh quei fanali come s’ inseguono
accidiosi là dietro gli alberi,
tra i rami stillanti di pioggia
sbadigliando la luce sul fango!
Flebile, acuta, stridula fischia 
la vaporiera da presso. Plumbeo
il cielo e il mattino d’ autunno
come un grande fantasma n’ è intorno.
Dove e a che move questa, che affrettasi 
a’ carri foschi, ravvolta e tacita 
gente? a che ignoti dolori
tormenti di speme lontana?
Tu pur pensosa, Lidia, la tessera 
al secco taglio dai de la guardia,
e al tempo incalzante i begli anni
dai, gl’ istanti gioiti e i ricordi.
Van lungo il nero convoglio e vengono
incappucciati di nero i vigili,
com’ ombre; una fioca lanterna
hanno, e mazze di ferro: e i ferrei 
freni tentati rendono un lugubre
rintocco lungo; di fronte all’ anima
un’ eco di tedio risponde
doloroso, che spasimo pare.
E gli sportelli sbattuti al chiudere
paion oltraggi : scherno
par l’ ultimo appello 
che rapido suona :
grossa scroscia sui vetri la pioggia.
Già il mostro, conscio di sua metallica 
anima, sbuffa, crolla, ansa i fiammei
occhi sbarra; immane pe ‘l buio
gitta il fischio che sfida lo spazio.
Va l’ empio mostro; con traino orribile
Sbattendo l’ ale gli amor miei portasi.
Ahi, la bianca faccia e il bel velo
Salutando scompar ne la tenebra.
O viso dolce di pallor roseo,
o stellanti occhi di pace, o candida
tra’ floridi ricci inchinata
pura fronte con atto soave!
Fremea la vita nel tiepid’ aere,
fremea l’ estate quando mi arrisero;
e il giovine sole di giugno
si piacea di baciar luminoso
in tra i riflessi del crin castanei
la molle guancia : come un’ aureola
più belli del sole i miei sogni
ricingean la persona gentile.
Sotto la pioggia, tra la caligine 
torno ora, e ad esse vorrei confondermi;
barcollo com’ ebro, e mi tocco,
non anch’ io fossi dunque un fantasma.
Oh qual caduta di foglie, gelida,
continua, muta, greve, su l’ anima!
Io credo che solo, che eterno, 
che per tutto nel mondo è novembre.
Meglio a chi ‘l senso smarrì dell’ essere,
meglio quest’ ombra, questa caligine :
io voglio io voglio adagiarmi 
in un tedio che duri infinito.


di Giosuè Carducci