martedì 16 giugno 2015

Tornare a casa


Buonasera e bentrovati cari lettori di Poesiandu!
Finalmente, dopo un po di tempo, una poesia internazionale, uno squilibrio di emozioni che si estende in delle righe a dir poco fantastiche alla lettura.
Vi auguro una buona lettura!

Mio cuore paesano, non sono a casa finché Sesenne non canta,
una voce con dentro scorza di fumo e colombe, che cricchia
come creta su una strada tinta dalla stagione secca,
con il cuatros che mi tende le corde del cuore. Gli sciac-sciac
tintinnano come cicale sotto le ortiche dalle foglie pelose
dell'infanzia, un vecchio steccato a mezzogiorno, bel-air, quadrille,
la comette, mutamenti benigni, finché non sopraggiunge il piacere.
Una voce come di pioggia su una strada riarsa, odore d'erba tagliata,
la sua lingua sottile come quella del cedro e più dolce di qualsiasi
altra, ovunque sia stato, che rende la mia destra Ismaele,
mia guida il frangipani dalle dita stellate.
I nostri re e le regine marciano verso il suo regno floreale,
spade di legno della Rosa e della Margherita, il loro coro
le lance di canne piumate, scogliere ocra e lunghi frangenti,
e lucente come il pizzicato dei bangio la pioggia che viene
e la pioggia leggera che torna in Guinea, facendo frusciare
la gonna come in un ballo paesano. Ombre percorrono
la pianura di Vieuxfort con la sua voce. Piccoli branchi
di cavalli al pascolo brillano in una nuvola; li vedo franti
nella luce del sole, come cantanti che ricordano le parole
di una lingua che muore. Guardo i fili luccicanti seguire
il canto di Sesenne, luce del sole che scaccia la pioggia,
e i nomi di fiumi i cui ponti una volta mi erano noti.


di Derek Walcott

Grazie mille per la vostra attenzione, spero di regalarvi giorno dopo giorno delle poesie e testi che vi fanno sorridere ed anche un po pensare!

sabato 13 giugno 2015

La Chimera


Buongiorno, benvenuti e ben ritrovati insieme a noi!
Finalmente dopo una settimana di tanto caldo e tanti impegni, siamo finalmente giunti al tanto adorato Sabato!
So' che molti di voi nonostante il fine settimana continueranno a lavorare ed a essere pieni d'impegni, per via del vostro lavoro, ma è  proprio a voi rivolto questo post di oggi.
Di sacrifici giorno dopo giorno, purtroppo, se ne fanno molti, lo sappiamo, ma la vita è così, nulla è semplice e nulla è scontato.

Buona lettura.

Non so se tra rocce il tuo pallido
Viso m'apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
$Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l'immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.


di Dino Campana

Mi auguro che il testo sia di vostro gradimento, non mi resta che augurarvi buon proseguimento di giornata!

giovedì 11 giugno 2015

L'invetriata


Buongiorno e bentrovati grandi appassionati di letteratura mondiale e non solo!
Le belle giornate ormai escono fuori il visino, il caldo pian piano inizia a salire e le serate d'estate stanno iniziando ad essere sempre più calde.
Un interessante poesia del grande Dino Campana, dove ci fà assaporare con le sue parole, quest'aria, quasi racchiusa in un invetriata che non può uscir via.

Buona lettura!

La sera fumosa d'estate 
Dall'alta invetriata mesce chiarori nell'ombra 
E mi lascia nel cuore un suggello ardente. 
Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha 
A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha acceso la lampada? C'è
Nella stanza un odor di putredine: c'è 
Nella stanza una piaga rossa languente. 
Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto: 
E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c'è, 
Nel cuore della sera c'è, 
Sempre una piaga rossa languente.


di Dino Campana


mercoledì 10 giugno 2015

Viaggio a Montevideo


Buonasera, benvenuti e bentrovati cari lettori!

Io vidi dal ponte della nave
I colli di Spagna
Svanire, nel verde
Dentro il crepuscolo d'oro la bruna terra celando
Come una melodia:
D'ignota scena fanciulla sola
Come una melodia
Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola...
Illanguidiva la sera celeste sul mare:
Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell'ale
Varcaron lentamente in un azzurreggiare:...
Lontani tinti dei varii colori
Dai pi˘ lontani silenzi!
Ne la celeste sera varcaron gli uccelli d'oro: la nave
Già cieca varcando battendo la tenebra
Coi nostri naufraghi cuori
Battendo la tenebra l'ale celeste sul mare.
Ma un giorno
Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna
Da gli occhi torbidi e angelici
Dai seni gravidi di vertigine. Quando
In una baia profonda di un'isola equatoriale
In una baia tranquilla e profonda assai pi˘ del cielo notturno
Noi vedemmo sorgere nella luce incantata
Una bianca città addormentata
Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti
Nel soffio torbido dell'equatore: finchè
Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto,
Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore
Noi lasciammo la città equatoriale
Verso l'inquieto mare notturno.
Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi
Gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente:
Sì presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina
Una fanciulla della razza nuova,
Occhi lucenti e le vesti al vento! ed ecco: 
selvaggia a la fine di un giorno che apparve
La riva selvaggia sopra la sconfinata marina:
E vidi come cavalle
Vertiginose che si scioglievano le dune
Verso la prateria senza fine
Deserta senza le case umane
E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve
Su un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume,
Del continente nuovo la capitale marina.
Limpido fresco ed elettrico era il lume
Della sera e là le alte case parevan deserte
Laggiù sul mar del pirata
De la città abbandonata
Tra il mare giallo e le dune......


di Dino Campana

Mi auguro che questa meravigliosa poesia sia stata di vostro gradimento, non mi resta che augurarvi un buon proseguimento di serata in nostra compagnia!

sabato 6 giugno 2015

Donna genovese


Buongiorno, bentrovati e benvenuti carissimi amanti della letteratura mondiale e non solo!
Il primo sabato di questo Giugno, si apre con una grande poesia, ovviamente non poteva che essere di un grande poeta, Dino Campana.
La poesia, sembra quasi descrivere questa donna genovese, un po complicata ma molto speciale.

Andiamo a leggerla insieme.

Tu mi portasti un po' d'alga marina
nei tuoi capelli, ed un odor di vento,
che è corso di lontano e giunge grave
d'ardore, era nel tuo corpo bronzino:
- Oh la divina
semplicità delle tue forme snelle -
Non amore non spasimo, un fantasma,
un'ombra della necessità che vaga
serena e ineluttabile per l'anima
e la discioglie in gioia, in incanto serena
perché per l'infinito lo scirocco
se la possa portare.
Come è piccolo il mondo e leggero nelle tue mani!


di Dino Campana 

Spero che la poesia sia stata di vostro gradimento, nel frattempo, non mi resta che augurarvi un buon fine settimana!

mercoledì 3 giugno 2015

Certezza del vero


Buonasera e bentrovati carissimi lettori di Poesiandu.

Mi auguro che abbiate trascorso un ottimo 2 Giugno, festeggiando per chi ha potuto fuori porta, al mare o in montagna.
Vi regalo una bellissima poesia del grande Clemente Rebora, con l'augurio che sia di vostro piacimento.

Buona lettura!

Sciorinati giorni dispersi,
cenci all'aria insaziabile:
prementi ore senza uscita,
fanghiglia d'acqua sorgiva:
torpor d'attimi lascivi
fra lo spirito e il senso;
forsennato voler che a libertà
si lancia e ricade,
inseguita locusta tra sterpi;
e superbo disprezzo
e fatica e rimorso e vano intendere:
e rigirìo sul luogo come carte,
per invilire poi, fuggendoli lezzo,
la verità lontano in pigro scorno;
e ritorno, uguale ritorno
dell'indifferente vita,
mentr'echeggia la via
consueti fragori e nelle corti
s'amplian faccende in conosciute voci,
e bello intorno il mondo, par dileggio
all'inarrivabile gloria
al piacer che non so,
e immemore di me epico armeggio
verso conquiste ch'io non griderò.
- Oh-per l'umano divenir possente
certezza ineluttabile del vero,
ordisci, ordisci de' tuoi fili il panno
che saldamente nel tessuto è storia
e nel disegno eternamente è Dio:
ma così, cieco e ignavo,
tra morte e morte vii ritmo fuggente, anch'io
t'avrò fatto; anch'io.


di Clemente Rebora