Poeti Italiani

Alda Merini 


Abbi pietà di me che che sto lontana
che tremo del tuo futile abbandono,
tienimi come terra che pur piana
dia nella pace il suo perdono
od anche come aperta meridiana
che dia suono dell'ora e dia frastuono,
abbi pietà di me miseramente
poichè ti amo tanto dolcemente.

Alessandro Manzoni



Occupati dei guai, dei problemi 
del tuo prossimo. 
Prenditi a cuore gli affanni, 
le esigenze di chi ti sta vicino.
Regala agli altri la luce che non hai, 
la forza che non possiedi, 
la speranza che senti vacillare in te, 
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.
Regala un sorriso 
quando tu hai voglia di piangere.
Produci serenità 
dalla tempesta che hai dentro.
"Ecco, quello che non ho te lo dono".
Questo è il tuo paradosso. 
Ti accorgerai che la gioia 
a poco a poco entrerà in te, 
invaderà il tuo essere, 
diventerà veramente tua nella misura 
in cui l'avrai regalata agli altri.

Dante Alighieri 





Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».

Ugo Foscolo 



L'ULTIMO ADDIO
T'amai, dunque, t'amai, e t'amo ancor 
di un amore che non si può concepire
che da me solo. E' poco prezzo,
o mio angelo, la morte per chi 
ha potuto udir che tu l'ami,
e sentirsi scorrere in tutta
l'anima la voluttà del tuo bacio,
e pianger teco - io sto col piè 
nella fossa; eppure tu anche 
in questo frangente ritorni, 
come solevi, davanti a questi occhi
che morendo si fissano in te, 
in te che sacra risplendi 
di tutta la tua bellezza... 
Io muoio... pieno di te,
e certo del tuo pianto...



ALLA SERA 
Forse perché della fatal quiete
Tu sei l'immago a me sì cara vieni 
0 sera! E quando ti corteggian liete 
Le nubi estive e i zeffiri sereni, 
E quando dal nevoso aere inquiete 
Tenebre e lunghe all'universo meni 
Sempre scendi invocata, e le secrete 
Vie del mio cor soavemente tieni. 
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme 
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge 
Questo reo tempo, e van con lui le torme 
Delle cure onde meco egli si strugge; 
E mentre lo guardo la tua pace, dorme 
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge. 


A FIRENZE 
E tu ne' carmi avrai perenne vita 
Sponda che Arno saluta in suo cammino 
Partendo la città che del latino 
Nome accogliea finor l'ombra fuggita. 
Già dal tuo ponte all'onda impaurita 
Il papale furore e il ghibellino 
Mescean gran sangue, ove oggi al pellegrino 
Del fero vate la magion s'addita. 
Per me cara, felice, inclita riva 
Ove sovente i piè leggiadri mosse 
Colei che vera al portarnento Diva 
In me volgeva sue luci beate, 
Mentr'io sentia dai crini d'oro commosse 
Spirar ambrosia l'aure innamorate. 


Gabriele D'Annunzio




O GIOVINEZZA
O Giovinezza, ahi me, la tua corona 
su la mia fronte già quasi è sfiorita. 
Premere sento il peso della vita, 
che fu si lieve, su la fronte prona. 
Ma l'anima nel cor si fa più buona, 
come il frutto maturo. Umile e ardita, 
sa piegarsi e resistere; ferita, 
non geme; assai comprende, assai perdona. 
Dileguan le tue ultime aurore, 
O Giovinezza; tacciono le rive 
poi che il torrente vortice dispare. 
Odo altro suono, vedo altro bagliore. 
Vedo in occhi fraterni ardere vive 
lacrime, odo fraterni petti ansare.


LA SABBIA DEL TEMPO
Come scorrea la calda sabbia lieve
per entro il cavo della mano in ozio
in cor sentì che il giorno era più breve.
E un’ansia repentina il cor m’assale
per l’appressar dell’umido equinozio
che offusca l’oro delle piagge salse.
Alla sabbia del Tempo urna la mano
era, clessidra il cor mio palpitante,
l’ombra crescente di ogni stelo vano
quasi ombra d’ago in tacito quadrante


NELLA BELLETTA 
Nella belletta i giunchi hanno l'odore
delle persiche mézze e delle rose
passe, del miele guasto e della morte.
Or tutta la palude è come un fiore
lutulento che il sol d'agosto cuoce,
con non so che dolcigna afa di morte.
Ammutisce la rana, se m'appresso.
Le bolle d'aria salgono in silenzio.





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